“Per non aver commesso il fatto”. “Troppe zone d’ombra nell’indagine che ha puntato solo su un’unica pista” ha ribadito il legale, l’avvocato Roberto Ghini.
MODENA – “Un’indagine ad imbuto”: l’ha ribadito più volte l’avvocato Roberto Ghini, difensore di Mohamed Gaaloul, accusato dell’omicidio di Alice Neri. Lo ha fatto nella sua arringa difensiva al termine della quale ha chiesto per il suo assistito l’assoluzione per non avere commesso il fatto. Il legale ha cercato di smontare pezzo per pezzo l’impianto accusatorio della Procura, a cominciare dalle telecamere di sorveglianza “non visionate” ha detto, su percorsi alternativi che portano al boschetto di Fossa di Concordia dove il 18 novembre del 2022 venne trovato il corpo della 32enne all’interno della sua Ford Fiesta data alle fiamme. E poi ancora i dati del telefono di Alice, che si potevano richiedere alla multinazionale Meta con una rogatoria e che avrebbero potuto mostrare messaggi e contatti della vittima con altre persone diverse dall’imputato. “Un’indagine che ha voluto seguire soltanto una pista – ha insistito Ghini – senza esplorare altre ipotesi”. E ancora, la scena del crimine non preservata adeguatamente, il fatto che non si sia voluto utilizzare il luminol sul terreno. La difesa ha contestato anche l’ipotesi della Procura che l’auto sia stata incendiata con il carburante estratto dalla stessa Fiesta di Alice. “Il dna sulla tanica di olio combustibile? Non è databile e Gaaloul può averlo toccato in altre occasioni, quindi, non è un indizio” ha detto Ghini, che prima di chiedere l’assoluzione per il suo assistito si è rivolto alla corte. “Il vostro non é un compito facile – le sua parole – ma chiedo che la vostra decisione non sia verosimile ma vicina il più possibile alla verità”. La sentenza è prevista per il 23 luglio prossimo.
