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Ponti interrotti e ricostruiti (Rio Torto e Uccellino), cantieri e opere incompiute come la Complanarina; crisi Maserati e dazi e mercati internazionali; anniversari (i 90 anni di Pavarotti e i 100 anni di Giuseppe Panini). Il 2025 di Modena è fatto anche di addii importanti, bellezza e solidarietà

MODENA – E’ stato l’anno dei ponti interrotti e ricostruiti, dal Rio Torto all’Uccellino; della grande frana a Boccassuolo e dei grandi cantieri; un anno di acronimi da PNRR fino a IA, l’intelligenza artificiale che ha cambiato le nostre vite ma per ora non tanto, che fa paura ma anche no – vedere per credere Vasco Rossi che la usa per incontrare se stesso, da giovane e da bambino, in occasione del suo 73esimo compleanno. Ben altro ha fatto paura ai modenesi nel 2025, non prodigi tecnologici e neppure catastrofi, ma problemi radicati – su tutti la grande crisi dell’abitare, coincisa col ribaltone attorno alle manifestazioni d’interesse al PUG che ha creato discontinuità tra l’era Muzzarelli e l’era Mezzetti. Un solco divenuto una crepa attorno alla questione più dibattuta del 2024, quella dei rifiuti, con il ritorno tanto atteso – ma graduale – ai cassonetti per le strade. Un anno politicamente acceso, litigioso, non solo ponti interrotti ma strade che non finiscono, o neppure cominciano, dalla bretella imprigionata nei ripensamenti su un casello troppo grande, fino alla Complanarina quasi ultimata ma sorvolata dal lancio di stracci tra Ministero e Autostrade: un anno che non finirà con l’apertura dell’ultimo cantiere che manca, sperando sia tutto rinviato al ferragosto del 2026. Un anno scandito dalle proteste sindacali contro i redditi fragili mangiati dall’inflazione, la cassa integrazione che corre e le vertenze che si moltiplicano; è stato l’anno della crisi Maserati, scongiurata in parte dal ritorno in città di Gran Turismo e Gran Cabrio e dalle promesse dei nuovi leader aziendali Filosa e Imparato, in visita alle maestranze sotto il tridente di viale Ciro Menotti. Un anno difficile anche per il Cavallino Rampante, il cui titolo in borsa ha smesso di galoppare proprio mentre annunciava il grande passo verso l’elettrico, spaventando il lusso e gli investitori; Ferrari che ha deciso di investire su una nuova scuola di formazione a Maranello, per forgiare le menti e le mani che la porteranno nel futuro. Si chiude il 2025 dei dazi, del terrore per il made in Modena che ha mandato in fumo 170 milioni di euro, scosso filiere, cambiato scenari, allargato mercati – come quello giapponese, che ha visto Modena brillare tanto con le sue aziende quanto con la sua Filarmonica.
Un anno politicamente torrido, la mano tesa all’Ucraina e il pugno chiuso per Gaza. L’anno in cui i tentacoli della propaganda russa sono giunti persino a noi, a contestare l’assegnazione del premio Odoardo Focherini alla reporter Stefania Battistini. Mano tesa, dicevamo, che Modena non fa mancare, e che ha permesso alla piccola Nur, la bimba-farfalla di Gaza, di mettersi in salvo dalle bombe assieme alle sue sorelline e fratellini per ricevere al Policlinico cure uniche al mondo.
I novant’anni di Pavarotti, i cento di Giuseppe Panini – cui una serie TV renderà merito, le riprese effettuate in città proprio questo autunno – e i 150 del Duca Francesco I, un compleanno foriero di liti attorno alla targa che cita gli Austriaci tra i partecipanti alla nascita del Regno d’Italia. Un anno di compleanni ma anche di addii, struggente per i fedeli cristiani quello a Papa Francesco, seguito dal benvenuto a Papa Leone; dolorosissimo per i modenesi quello a Michelina Borsari, madrina del Festival Filosofia che ha compiuto a sua volta 25 anni nel di lei ricordo. Ventott’anni li ha compiuti il sito UNESCO della città, celebrato dai versi di grandi attori sotto la volta del Duomo e in Piazza Grande; ottanta ne ha compiuti la Festa de l’Unità, che per la seconda volta in tre anni ha cambiato sede trovando forse quella ideale accanto al PalaSport. Ottocentocinquanta ne compie, infine, l’Università di Modena e Reggio Emilia, che il 2025 lo chiude per la prima volta nel segno di una donna. Un anno di disuguaglianze, di diritti fragili, che costringe a posare basi più solide rispetto a ieri in vista del futuro, affinché sia un 2026 con più casa, più salari, più serenità. Un anno che si è chiuso con una precoce spolverata di neve, un piccolo segno di speranza in tempi di grandi inesorabili cambiamenti.

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