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Costretta ad un matrimonio combinato, la vicenda in tribunale

A Modena la storia di una ragazza pakistana che dopo anni di vessazioni ha deciso di denunciare, interrompendo anche i rapporti con la sua famiglia, che ha sempre difeso l’uomo.

MODENA – Prima udienza in Tribunale a Modena a carico di un pakistano di 35 anni accusato di maltrattamenti. La vittima è una connazionale di 32 anni che dopo anni di vessazioni ha deciso di denunciare. Tutto parte da un matrimonio combinato, avvenuto in Pakistan nel 2011 quando la ragazza aveva solo 19 anni. I genitori organizzano un viaggio di famiglia nel suo paese. Nessuno le aveva detto che dietro a quel lungo soggiorno in patria si celava un matrimonio combinato. “Mi hanno presentato quest’uomo dicendomi che mi dovevo sposare. O lo fai o torniamo in Italia e tu resterai “macchiata” per sempre di questa vergogna” – le hanno detto i suoi genitori. Questo il suo racconto uscita dall’udienza che è stata rinviata al prossimo 7 luglio per la discussione in abbreviato. “Dopo sei mesi ero incinta e sono tornata a Modena perché in Pakistan mi avrebbero fatto il taglio cesareo, non esiste il parto naturale”. Nel 2018 e nel 2019 nascono altre due bambine. “Io già dopo la nostra prima figlia non volevo più saperne niente di lui, ma la mia famiglia mi diceva che non potevo dargli un disonore simile. Sono stati anni di vessazioni continue, ci faceva fare la spesa una volta al mese, mi diceva che non ero buona a nulla. Spesso faceva le videochiamate con i suoi parenti in Pakistan e mi picchiava in diretta davanti a loro e davanti alle bambine. Un incubo durato anni, fino a quando lui una sera, non trovando la cena pronta, la tramortisce con un pugno in faccia. “Era in 2023 e ho deciso di denunciarlo, non poteva esserci nulla di peggio rispetto a quello che stavo vivendo”. Dopo la separazione lui ora ha iniziato a darle l’assegno di mantenimento e ha la possibilità di vedere la bambine. “Il mio assistito nega i maltrattamenti e parla di tre episodi in sei anni. Non abbiamo certificati medici ospedalieri sulle percosse, ma solo il racconto di un atteggiamento certamente prevaricatore. Ora attendiamo il processo” – commenta l’avvocato difensore dell’uomo Luca Lugari. Nel frattempo Samina va dritta per la sua strada: “quando hai il coraggio di chiudere una porta, se ne aprono dieci” – ha detto prima di lasciare il tribunale, in attesa della prossima udienza.

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