L’importante traguardo del ristorante tristellato. Lo chef modenese si racconta e parla dei progetti futuri, su tutti i refettori contro povertà e spreco alimentare. E tra i piatti iconici sceglie “le cinque stagionature del parmigiano”, capaci di sconfiggere i tabù della tradizione.
MODENA – Trent’anni di Osteria Francescana, trent’anni non tutti uguali – precisa Massimo Bottura: difficili, stimolanti, preoccupanti anche, probanti sicuramente ma anche soddisfacenti, al punto da collocare il ristorante modenese per ben due volte sul tetto del mondo. Trent’anni e tre stelle Michelin, non marchiate a fuoco ma meritate ogni anno da una squadra che col tempo si è diffusa sparpagliando eccellenza enogastronomica per tutto il territorio.
Di tutti gli iconici piatti che hanno reso la Francescana un “must” attirando star di Hollywood e capi di Stato, a uno Bottura è particolarmente legato: le cinque stagionature del Parmigiano, alcune delle quali in origine neanch esistevano – spiega – e vennero riconosciute come un simbolo d’eccellenza solo dopo qualche tempo.
Dalla Franceschetta a Maria Luigia, dal Cavallino al Gatto Verde, la Francescana ha fatto proseliti. Ma la creatura più speciale agli occhi di Bottura oggi è una che non produce ricchezza – la distribuisce semmai, sotto forma di refettori nel segno del riuso alimentare.
I trent’anni della Francescana verranno celebrati anche al Vinitaly, dal 6 al 9 aprile prossimi. Bottura ha promesso “un benvenuto modenese” a base proprio di Parmigiano Reggiano accompagnato da “un lambruschino”, parole sue, immancabile per vivere l’esperienza territoriale di cui ha fatto, da trent’anni, la propria missione.