Il giorno dopo la visita di John Elkann alla Maserati, lettera aperta di Fiom Cgil al presidente Stellantis: con ironia e amarezza il sindacato scrive: vicino ai dipendenti ma gli operai sono a casa fino a febbraio per il blocco della produzione.
MODENA – Dura presa di posizione della Fiom Cgil di Modena nei confronti del presidente Stellantis John Elkann, dopo la visita allo stabilimento Maserati di via Ciro Menotti. “Se voleva dimostrare di essere vicino ai dipendenti ed incontrarli di persona -scrive il sindacato – è stato informato male”. La produzione nello stabilimento di Modena è infatti ferma dal 22 novembre scorso, le lavoratrici e i lavoratori di Maserati sono in cassa integrazione da mesi; in questi giorni hanno ricevuto la tredicesima proporzionata al tempo lavorato quest’anno, meno di 60 giorni complessivi”. La Fiom modenese critica inoltre le modalità della visita “a sorpresa”, senza aver avvisato le maestranze. “I dipendenti Maserati -dice ancora il sindacato – chiedono solo di lavorare, di avere certezze per un futuro produttivo e un piano industriale. Con la cassa integrazione non si arriva a fine mese”. I soci di Stellantis invece, negli ultimi 5 anni, hanno incassato oltre 16 miliardi di euro di dividendi, tagliando quasi 13mila posti di lavoro. Il 12 dicembre è fissato un incontro tra azienda e sindacati, il 17 quello al ministero mentre anche l’ex-presidente di Fiat, Ferrari e Maserati Luca Cordero di Montezemolo non lesina critiche: “Tavares ha lavorato solo per i grandi soci azionisti, incomprensibile che Elkann non si sia opposto alla decisione di spostare la produzione della Seicento in Polonia quando Mirafiori era ferma; adesso, -conclude Montezemolo -l’auto italiana non esiste più”. All’assemblea Confindustria di Genova il presidente modenese Emanuele Orsini ribadisce che il Governo deve stanziare più denaro per l’automotive, i 200 milioni previsti in manovra sono troppo pochi. Anfia, l’associazione delle imprese di filiera denuncia il taglio di 4,6 miliardi di euro operato dal Governo Meloni al fondo previsto dall’esecutivo Draghi per la riconversione e la transizione.